LA CHIESA DEL RITIRO

                                                                                                                                              Franco Pezzella

 

 

 

 

 

La chiesa annessa all’antico complesso denominato Ritiro delle donzelle povere ed orfane di Frattamaggiore, popolarmente ancora indicato come il Ritiro, è dedicata al culto congiunto della Madonna del Buon Consiglio e di sant’Alfonso Maria dei Liguori; essa fu costruita e fornita di tutti gli arredi e gli utensili sacri corrispondenti per volontà del parroco Sosio Lupoli e dei suoi due fratelli, Michele Arcangelo, Arcivescovo di Salerno, e Raffaele, della Congregazione del SS.mo Redentore, vescovo di Larino, comeché quel locale ne era mancante”. Le uniche condizioni che i Lupoli dettarono per la sua edificazione, costata ducati duemilacentodiciassette e grana sessanta furono che la chiesa fosse dichiarata di diritto gentilizio della famiglia e che in essa vi fosse costruita una tomba ipogea per i suoi membri.

La prima pietra fu posta il 2 gennaio del 1823 e la sua costruzione richiese più di tre anni, durante i quali don Sosio Lupoli vigilò costantemente a che fosse realizzata secondo le aspettative sue e dei fratelli. Lo stesso parroco benedisse la chiesa il 28 ottobre del 1826, trasferendovi il SS. Sacramento dalla parrocchia di san Sossio previa l’autorizzazione del Vescovo dell’epoca mons. Francesco Saverio Durini.

La Domenica successiva con una solenne processione vi furono trasportati il quadro della Madonna del Buon Consiglio e la statua di sant’Alfonso. In quell’occasione l’Arcivescovo Michele Arcangelo Lupoli attese il passaggio della processione davanti al suo palazzo, in piazza del Riscatto, ed offrì una pisside, un calice ed una sfera d’argento.

All’epoca la chiesa si presentava, prima che i restauri del 1895, del 1930, del 1964 e quelli recentemente conclusisi ne modificassero profondamente il carattere, con due altari: uno dedicato al Crocifisso, edificato nel 1886, e l’altro, di marmi colorati, eretto nel 1891 in onore di sant’Alfonso. Nella piccola chiesa vi erano anche una statua di santa Filomena, coricata, racchiusa in una scarabattola di legno e cristalli, ed una statua di santa Eurosia, protettrice di Lariano (Roma). Quest’ultima era stata eseguita, nel 1842, dal dott. Giuseppe Lupoli, nipote dei prelati e sindaco della città dal 1849 al 1852, il quale si dilettava nel fabbricare pastori di creta. Il sacello dei Lupoli era situato giusto al centro della chiesa, davanti all’altare di sant’Alfonso, ed era contraddistinto da una pietra tombale in marmo sulla quale si leggeva:

SEPULCRUM FAMILIARE

GENTIS LUPULAE

EX LAURENTI LINEA

A.D. MDCCCXXVI

 

Sepolcro della Famiglia Lupoli discendente da Lorenzo A.D. MDCCCXXVI

 

All’ipogeo, che accoglieva le salme dei genitori dei tre prelati, di un loro zio sacerdote e che in seguito accolse la salma dello stesso parroco nonché il cimitero delle orfane e delle suore, vi si accedeva da dietro l’altare di sant’Alfonso, alzando una pesante lastra marmorea sulla quale era inciso un bassorilievo di pregevole fattura raffigurante una monaca. Oggi, scomparso il bassorilievo, a ricordare dov’era il sepolcro dei Lupoli resta la sola lastra di marmo bianco priva, peraltro, dell’iscrizione.

Presso lo stesso altare si vedeva anche una piccola grata di ferro con un comunichino per le suore, scomparsa in epoca imprecisabile. Risultano scomparsi anche le decorazioni, sicuramente pregevoli, che erano state realizzate dal noto pittore frattese Gennaro Giametta nel 1895.

Attualmente la chiesa si presenta con una semplice facciata a coronamento orizzontale preceduta da un piccolo atrio a tetto spiovente sopra il quale si aprono due stretti finestrini arcuati chiusi da vetrate colorate e affiancati sulla sinistra da una artistica croce in ferro battuto.Leggermente decentrato rispetto ad essa vi è un campaniletto a torre che un tempo accoglieva le campane, comprate dal parroco Lupoli unitamente al portale marmoreo che tuttora si osserva all’ingresso del Ritiro, dal monastero di san Potito in Napoli, soppresso in seguito alla legge del 7 luglio del 1866.

Entrando in chiesa, sulla controfacciata, interrotta a metà da una cantoria purtroppo priva dell’organo che l’adornava, si osservano, a destra, una scarabattola con la statua di sant’Alfonso, a sinistra una lapide marmorea.

La statua di sant’Alfonso, vescovo di sant’Agata dei Goti dal 1762 al 1775, fondatore della Congregazione del SS. Redentore, ripropone in maniera evidente il ritratto del santo eseguito nel 1768 da un pittore, rimasto anonimo, e attualmente conservato presso il Collegio dei Redentoristi a Pagani. Il santo è, infatti, rappresentato con il capo reclino a causa dell’artrite lombo-cervicale che incurvò progressivamente la sua spina dorsale durante il periodo trascorso a Sant’Agata. Veste l’abito talare episcopale con cotta, mozzetta e stola; con l’indice della mano destra indica il Crocifisso che tiene alzato con l’altra mano. Siamo, insomma, per dirla con il Galasso, di fronte ad un’immagine non proprio di macerazione mistica però certo di povertà fisica, di miseria fisica, che induce anche ad una sensazione di miseria psicologica e di raccoglimento, naturalmente ed estremamente efficace sul piano della devozione”.

La lapide marmorea, fatta apporre dal parroco don Sosio Lupoli, è dedicata all’amatissimo fratello Michelangelo. L’epigrafe, sormontata dallo stemma della famiglia, celebra con una prosa asciutta ed incisiva, le virtù dell’Arcivescovo, di cui si osserva, in un tondo sovrastante la lastra, un bel ritratto marmoreo in bassorilievo:

 

MICHAELI ARCHANGELO LUPOLO

INGENII MORUMQUE PRAESTANTIA CLARISSIMO

QUI XXXIII AETATIS ANNO SUAE NONDUM EXACTO

UNA DIVINARUM HUMANARUMQUE SCIENTIARUM

AD SUMMOS HONORES PROPERAVIT

ECCLESIISQUE MONTEPELUSIANA ET COMPSANA

AD SALERNITATEM CATHEDRAM EVECTUS

IN SEVERIORE CLERI DISCIPLINA PROMOVENDA

RELIGIONIS CULTU AUGENDO

INVENTUTE ECCLESIAE MANCIPATA ISTITUENDA

PAUPERIBUSQUE SUBLEVANDIS

ILLUSTRIORUM RETRO ANTISTITUM GLORIAM AEMULATUS

VIXIT ANN. LXVIII MENS. X DIES VI

OBIIT V KA. AUG. A.CICICCCCXXXIV

SOSIUS ECCLESIAE FRACTENSIS PAROCHUS

FATRI AMATISSIMO PONENDUM CURAVIT

 

A Michele Arcangelo Lupoli chiarissimo per grandezza d’ingegno e di costumi, il quale, non avendo ancora compiuto 33 anni, per la sua profonda dottrina nelle scienze divine e profane venne eletto vescovo delle Chiese di Irsina e di Conza, di qui fu poi chiamato alla Cattedra di Salerno. Nel promuovere una più severa disciplina fra il clero, nell’accrescere il culto della religione, nell’educare i giovani e nel richiamarli alla chiesa emulò la gloria dei suoi più illustri predecessori. Visse 68 anni, 10 mesi e 6 giorni. Morì il 28 luglio 1834. Sosio, parroco di Frattamaggiore, fece porre questa lapide al fratello amatissimo”.

 

Immediatamente a sinistra un’altra epigrafe marmorea, anch’essa sormontata dallo stemma della famiglia celebra la memoria dell’altro vescovo della casata, mons. Raffaele, vescovo di Larino:

 

A  *  Ώ

MEMORIAE AETERNAE

RAPHAELIS LUPOLI

CONGREGATIONIS SS. REDEMPTORIS

LARINATIUM EPISCOPI

QUI

IMMENSIS VERBI DEI PRAEDICATIONE

EXHAUSTIS LABORIBUS

AD PONTIFICATUM COMPULSUS

INNOCENTIAE CONSTANTIAE ET CHARITATIS

EGREGIA UBIQUE SPARSIT DOCUMENTA

CLERICORUM COLLEGIUM LAXATIS SPATIIS

AMPLIFICAVIT ORNAVITQUE

PUELLARUM BINA AB INTEGRO AEDIFICAVIT COENOBIA

AEDIBUS SACRIS CULTUM DECOREMQUE

MAGNA IMPENSA RESTITUIT

PLEBIS INOPIAM

AMPLISSIMIS LARGITIONIBUS SUBLEVAVIT

POPULUMQUE ORDINESQUE OMNES

VERBO EXEMPLO SCRIPTIS CONSILIO

ET INCREDIBILI VITAE AUSTERITATAE

AD OMNEM PIETATEM INSTITUIT

DEMUM ADSIDUITATE LABORUM

ET JUGI CARNIS CASTIGATIONE ATTRITUS

MISSIONE VELUTI DE CORPORIS STATIONE IMPETRATA

HILARI VULTU IN CHRISTI DOMINI OSCULO QUIEVIT

DECESSIT PR. ID. DECEMBRIS MDCCCXXVII

VIXIT ANN. LX. MENS. I. DIES X

TANTI  PASTORIS MEMORIAM

NE IN ECCLESIA QUAM UNA QUM GERMANO FRATRE

MICHAELE ARCANGELO ARCHIEPISCOPO

COMPSANO NUNC SALERNITANO

A FUNDAMENTIS EXCITAVIT DOTAVITQUE

POSTERITAS DESIDERABET

SOSIUS FRATER PAROCHUS FRACTENSIS

CUM LACRYMIS POSUIT

 

A  *  Ώ

Alla memoria eterna di Raffaele Lupoli della Congregazione del SS.mo Redentore, vescovo di Larino, il quale, dopo immensa attività di predicatore della parola di Dio, eletto vescovo diede dappertutto esempi luminosi di innocenza, di costanza e carità, ampliò ed ornò il seminario, edificò due monasteri, con grandi sacrifici restituì alla casa di Dio culto e splendore. Alleviò la povertà del popolo bisognoso con ampie donazioni. Con la parola, gli esempi, gli scritti, il consiglio, con incredibile  di vita educò ad ogni forma di pietà il popolo e tutti gli ordini ecclesiastici. Infine, affaticato e consumato dalla continua operosità e dalla mortificazione della carne, ottenne da Dio la morte come liberazione dal corpo e si addormentò nel bacio del Signore con volto sereno. Morì il 12 dicembre dell’anno 1827.Visse 60 anni, mese 1 e giorni 10. Il fratello Sosi, parroco di Frattamaggiore, tra le lacrime pose questa lapide, affinché i posteri ricordassero un così grande pastore della Chiesa , che insieme al fratello germano Michele Arcangelo, già arcivescovo di Conza ed ora di Salerno, ricostruì in splendore di bellezza. Il fratello Sosio, parroco di Frattamaggiore, lacrimando pose.”

 

L’aula ecclesiale si presenta a navata unica, con una volta piatta decorata da motivi ornamentali a cerchi inscritti in quadrati e con un’unica breve cappella marmorea rotondeggiante, dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, che si apre sulla destra a metà del percorso, laddove un tempo c’era l’altare di sant’Alfonso. Il pavimento è tutto di marmo rosso di Verona, le pareti sono percorse per i tre quarti dell’altezza da paraste binate di marmo travertino. Sulla parete destra, oltre alla cappella della Madonna del Buon Consiglio, adorna di una bella riproduzione ottocentesca della venerata Madonna di Genazzano e di un semplice altare tardo ottocentesco (1886) il cui solo elemento artistico di rilevo è rappresentato dalla croce di consacrazione posta al centro del paliotto, si osservano due mosaici raffiguranti rispettivamente sant’Alfonso e san Gerardo Majella, eseguiti entrambi dalla Scuola Vaticana del mosaico nel 1964 su cartoni del pittore romano Lucini.

Le immagini dei due santi si svolgono secondo la consueta iconografia: tralasciando l’immagine di sant’Alfonso, di cui si è già discusso poc’anzi, qui si da qualche cenno sulla figura di san Gerardo, che, vissuto nel XVIII secolo e molto venerato nel sud come protettore delle gestanti e delle partorienti, giovanissimo abbracciò la vita monastica aderendo alla Congregazione Redentorista in qualità di fratello converso. Accusato però di aver avuto una relazione con una giovane fanciulla appartenente ad una nobile famiglia presso la quale era spesso ospitato, Gerardo, fu segregato per qualche tempo presso il convento di Materdomini, dove dimorava, ed interdetto dall’Eucarestia fino a che non fu scagionato dalla stessa giovane che lo aveva calunniato. E poiché Gerardo sopportò con eroica pazienza le umiliazioni subite confortato soprattutto dall’aiuto della preghiera a Gesù in croce, egli viene quasi sempre raffigurato, come anche nel mosaico in oggetto, mentre in atteggiamento estatico stringe al petto il Crocifisso. 

La parete di sinistra non presenta nulla di notevole di là di tre finestre in forma di monofore, che accolgono delle vetrate istoriate con simboli e figure tratte dal repertorio della simbologia cristiana, e di altrettante tele centinate con le immagini di santa Chiara, san Pietro e san Giovanni Battista.

Le tele, dovute anch’esse alla mano del Lucini, costituiscono con le immagini di san Francesco d’Assisi, di san Pietro e di san Sossio, che si sviluppano sulla parete opposta, il programma decorativo della navata, tendente a glorificare oltre che i due principi degli Apostoli, i fondatori dell’Ordine Francescano e delle Clarisse, e due dei quattro santi compatroni di Frattamaggiore. 

Il presbiterio, cui si accede mediante due bassi scalini, accoglie, invece, sulla parete sovrastante l’altare, un grande riquadro in mosaico con l’immagine di Cristo Re, frutto della collaborazione tra l’artista locale Raffaele Manzo, che ne disegnò i cartoni, e i mosaicisti della Scuola Vaticana. Sopra quest’immagine vi è una bella croce di legno, la quale porta riprodotta al centro l’Agnus Dei e ai quattro esterni delle braccia i simboli degli Evangelisti.

Il sottostante altare fatto erigere da mons. Gennaro Auletta nel 1964 in obbligo alle nuove norme post conciliari e previa demolizione del vecchio altare e della balaustra di marmi policromi che lo precedeva (donati da mons. Nicola Russo nel 1930), si compone di un corpo addossato alla parete, che accoglie il ciborio, squadrato, molto semplice, e di una mensa costituita da una lastra marmorea retta da quattro esili colonnine. 

 

Bibliografia

 

A. GIORDANO, Memorie istoriche di Frattamaggiore, Napoli 1852,

F. FERRO, Il Ritiro delle figliole orfane di Frattamaggiore al cospetto della sua storia dopo un secolo, Napoli 1910

S. CAPASSO, Frattamaggiore Chiese e monumenti Uomini illustri Documenti Napoli 1944; II ed. Frattamaggiore 1990

P. FERRO, Frattamaggiore sacra, Frattamaggiore 1974